Oggi non inizio a scrivere stando davanti ad un monitor.
Sono qui in Piazza Grande in attesa che Kiki mi raggiunga e uso un’app del telefono per salvare queste parole.
Ci siamo dati appuntamento come sempre sulla stessa mattonella, quella che sembra rappresentare il baricentro della piazza.
Mentre aspetto Kiki, come al solito in ritardo, mi guardo intorno e noto quella ragazza che conosco già da un po’, perlomeno da quando giro per le strade del centro di Modena.
La statua della Bonissima è lì che mi scruta, dalla sua posizione dominante, nell’angolo dove termina il Palazzo Comunale ed inizia via Castellaro.
Anche se la vedo quasi tutti i giorni, su di lei conosco pochi dettagli: qualche storia raccontata dai parenti, qualche proverbio in dialetto.
In realtà, come poi imparerò, la Bonissima è una leggenda dai contorni misteriosi: non si sa chi sia o cosa rappresenti, né chi l’abbia scolpita.

IL MAESTRO DELLE METOPE
La statua della Bonissima sembra appartenere ad un passato davvero molto lontano: occorre tornare al Medioevo, quando l’architetto Lanfranco stava orchestrando i lavori per la costruzione del Duomo di Modena.
Al suo fianco c’erano due scultori, Wiligelmo e tale Maestro delle Metope, la cui identità non è mai stata rivelata: fu lui che, a quanto pare, realizzò la statua della Bonissima.
Per capire la correlazione che esiste tra le metope, anch’esse figure alquanto enigmatiche, e la Bonissima bisogna visitare il Museo Lapidario del Duomo di Modena, dove si trovano le otto sculture originali.
Le metope, bizzarre creature incise su pietra nelle pose più disparate, rappresentano una concezione medievale dei popoli agli antipodi della terra, in attesa di essere evangelizzati.
La statua della Bonissima è molto più classica, tuttavia lo stile sembra essere lo stesso delle metope: ecco perché alcuni studi riconducono al Maestro la sua realizzazione.

VERSIONI STORICHE SULLA BONISSIMA
Le versioni che accompagnano i dubbi sull’identità della Bonissima sono innumerevoli.
La più accreditata di tutte sembra essere quella che riconduce la statua non ad una persona realmente esistita, bensì al simbolo di un ente di controllo del Ducato Estense.
La Bonissima, secondo questa teoria, rappresenterebbe l’Ufficio della Bona Opinione, o delle Bollette: qui venivano stabilite e verificate tutte le unità di misura da utilizzare per le stime ed i commerci.
In dialetto modenese in effetti “bona ésma” significa buona stima: da questa base si potrebbe essere passati a “bonesma” e quindi a “bonissima”.
In alcuni scritti risalenti al XII secolo, in effetti, ci sono riferimenti ad una statua posta davanti all’Ufficio delle Bollette di Modena, ai piedi della quale vi si trovavano incise molte unità di misura: il braccio, la dimensione dei mattoni, le mine da biada e molte altre.
Chi avvalora questa tesi è convinto che la Bonissima tenga nella mano destra una bilancia, simbolo inequivocabile delle contrattazioni.
Un’altra teoria sostiene che la Bonissima altri non sia che Matilde di Canossa, vissuta proprio tra l’XI e il XII secolo, epoca nella quale la nobildonna aveva un forte ascendente sulla città.
Secondo questi studiosi, la Bonissima teneva in mano un melograno, frutto che identifica Matilde di Canossa e che possiamo trovare in alcuni dipinti che la raffigurano.
La cosa certa, documentata da uno storico dell’epoca, è che la statua della Bonissima venne spostata nel luogo dove ora si trova verso la metà del 1400 e da lì non si mosse più.

LA LEGGENDA DELLA BONISSIMA
Noi che siamo romantici e sognatori preferiamo la terza ipotesi: quella che ricondurrebbe la Bonissima ad una nobile dama vissuta a Modena nell’XI secolo.
Dovete sapere che in dialetto modenese, con il termine “bonessma”, ci si riferisce ad una persona molto conosciuta ed amata.
La leggenda racconta che questa nobile dama, avendo a cuore le sorti della popolazione che moriva di fame in un periodo di carestia, uscì di notte dal proprio maniero e si inoltrò per le strade della città.
Per non farsi riconoscere, per timore o timidezza non si sa, si coprì il volto con un cappuccio e distribuì il cibo ai poverelli di Modena.
Quella notte il suo intervento salvò tante vite e i modenesi, per ringraziarla, chiesero al Maestro delle Metope di realizzare una statua in suo onore.
La statua della Bonissima, che oggi possiamo ammirare in Piazza Grande, ha la mano sinistra sul cuore, quello che la dama mostrò di possedere quella notte, e nella mano destra il cappuccio con il quale ella nascose il suo viso.

LA BONISSIMA PER NOI MODENESI
Noi modenesi vogliamo bene alla Bonissima e le dedichiamo da sempre, oltre alle leggende popolari, poesie, canzoni e racconti.
Io e Kiki abbiamo sempre pensato fosse una rezdora modenese che nei tempi antichi dava da mangiare agli affamati.
Ora mentre passate al suo cospetto, provate a pensare che lei è nata e vissuta nel Medioevo, ha visto carestie, rinascimento, guerre.
Vi ha visto mentre vi abbracciavate sotto il sole di una giornata d’estate, mentre giocavate a palle di neve riparandovi dietro le colonne dei portici di Piazza Grande, mentre studiavate le ultime pagine di un libro poco prima di un esame all’università.
Vi ha visto felici, oppure pensierosi, o ancora con le lacrime agli occhi.
Lei è un po’ l’anima della città, da lassù veglia su di noi, sempre con occhio benevolo.
Ecco chi è la Bonissima per noi modenesi.
E voi, avete un simbolo della vostra città al quale siete particolarmente legati o che nasconde una misteriosa leggenda?
2 commenti su “La leggenda della Bonissima di Modena”
Che storia misteriosa che ha questa statua! Fra l’altro, non essendo mai stata a Modena, è la prima volta che ne sento parlare.
Comunque, anche a me piace molto l’idea che rappresenti una dama buona che ha aiutato i più bisognosi!
Vero? A noi piace pensare proprio così! E in effetti di dame buone (o rezdore, regine della cucina!) Modena ne ha tante!
Ti aspettiamo in Piazza Grande, Eleonora! Grazie per essere passata! 😉